La paura ci controlla. Per conto di chi?

Ultimamente hanno girato un film (“The Purge”) nel quale si mostrava una società futura in cui, una volta l’anno, ciascuno era libero di sfogare le sue pulsioni senza nessun timore di soffrirne delle conseguenze: ovviamente avvenivano I delitti più spaventosi, e questo, secondo l’autore, doveva essere il modo in cui la gente riusciva, per il resto dell’anno, a stare tranquilla.

Una norma talmente spaventosa ricorda quello che scriveva Maurice Nicoll, ossia che una persona educata non ruba, ma se le togliessimo ogni timore di una pena, di essere scoperto, di perdere punti nel suo status sociale, comincerebbe a rubare e, aggiungerei io, a fare anche tante altre brutte cose. Ossia sono le paure che rendono quella persona “buona”, cosi come le sbarre impediscono ad un galeotto di andarsene dalla galera: provate a toglierle e vedrete quanto resta in prigione.

Una persona cosciente, invece, non ruba anche se non ha nessun timore: semplicemente sente che non è giusto, e questo è sufficiente per non farlo.

Chi conosce l’uomo sa bene questo, dunque non ci stupiamo che siano state creati tanti condizionamenti interiori (che chiamiamo paure) che ci impediscono di trasgredire certe norme: si tratta del tradizionale strumento di controllo che si usa per governare le masse umane ed ottenere un certo livello di ordine sociale, per poter convogliare le loro energie in direzioni prestabilite. La pena associata ad un delitto crea in noi uno di questi condizionamenti, e viene dai legislatori di ciascun paese; l’inferno crea in noi un altro condizionamento, e viene da chi dice di rappresentare Dio.

Siamo però anche in grado, purtroppo, di crearci autonomamente moltissimi di questi condizionamenti che chiamiamo paure, a partire da quello che percepiamo intorno a noi nella vita, da quello che ci mostrano i genitori, gli amici. Si tratta, come si può immaginare, di un tipo molto frequente dei parassiti della psiche, che agiscono nella maniera subdola ed invisibile che ormai cominciamo a conoscere.

Se sto aspettando il risultato di un esame, per esempio, in me suole emergere un’emozione che dà un leggero bruciore nel centro del torace (nel plesso solare) e che può associarsi a immagini di me stesso afflitto, e pensieri che recitano frasi cupe e sconsolate. Questo dura solo finché non esercito il mio potere di prendere le distanze dagli sgraditi ospiti.

Per ciascuno di noi la paura avrá il suo modo di presentarsi, e lo fará anche senza bisogno di circostanze che la stimolino in quel momento: possiamo anche essere abituati a vivere nella paura, perché I pensieri ed emozioni che la rappresentano in noi sono ormai ospiti fissi della nostra mente e plesso solare.

Come sappiamo, la maniera piú radicale di liberarsi dei nostri parassiti, dei quali la paura è un rappresentante particolarmente dannoso, è approfittare di un momento di risveglio per prenderne le distanze quando cercano di imporsi nei centri della nostra macchina umana. infliggendoci I pensieri ed emozioni che vogliono.

Esiste anche, nel caso della paura, una maniera di andarla a stanare ed elaborare, che ho conosciuto grazie ad un’autrice Americana, Inelia Benz, e che trovate qui in spagnolo ed in  inglese (ed in italiano? Quando qualcuno ne avrà bisogno, pubblicherò con piacere una breve traduzione).

Questa tecnica, su di me, ha l’effetto di rimuovere “il grosso” di una certa paura dal mio petto. L’ho usata per due o tre volte sulle paure più resistenti, e ne ho tratto grande giovamento.

La mia impressione è che sia una tecnica utile non solo per la paura, ma in generale per I parassiti che entrano in noi come emozioni, dai quali è più difficile prendere le distanze con il metodo che aiuta rapidamente a distanziarci dai pensieri.