In quasi tutte le scuole e religioni viene prescritto, in un modo o nell’altro di stare attenti a come giudichiamo gli altri, e di certo la cosa ha un suo perché. Fare il contrario, peraltro, cioè “spellare vivi” gli altri, sia in circolo che in privato, è lo sport più praticato al mondo, e chiunque può farlo a livelli agonistici senza neanche bisogno di allenarsi.
Ma se teniamo conto di quanto abbiamo scoperto sulla mente ed i suoi invasori, possiamo cominciare a capire l’origine e la straordinaria forza con cui erompono i giudizi ma ancor prima, la natura dei loro invisibili precursori, i pensieri critici, senza i quali non seguirebbero le parole dure.
Lanciare una bella frecciata velenosa ha molti “vantaggi” per una psiche meccanica: può alleviare un complesso di inferiorità, simulare uno spirito forte, capace di “dire le cose come stanno”, e soprattutto scaricare i rifiuti di una mente intasata. Quel che la occupa sono quei pensieri che, derivando meccanicamente dagli stimoli di un’atmosfera carica di tensione e paure come la nostra, sono l’equivalente psicologico di un letamaio, in cui si scaricano le impressioni mal digerite, perché ricevute senza ricordo di sé.
I giudizi e le loro cugine le lamentele, vanno a colpire i bersagli più incredibili: c’è chi può lamentarsi del brutto tempo, come se avesse un senso sporgere un reclamo simile.
Un po’ di presenza a sé stessi farebbe notare come i giudizi e lamentele affiorino da soli, e non sono frutto di una nostra decisione qualsivoglia: è un po’ come il fischio dì certe teiere, che viene quando la pressione sale, per quanto la teiera possa sostenere il contrario.
Una categoria particolarmente perniciosa di giudizi meccanici sono quelli di critica su sé stessi, che molti coltivano “amorevolmente”, ed a volte esibiscono con ostentazione, forse sentendo così di alimentare l’umiltà, o forse per tenere gli altri lontani come con un cartello “pericolo radiazioni”.
Provenendo comunque dallo scarico della mente, anche questi pensieri o le parole loro figlie sono cariche di negatività, e non fanno che plasmare quindi negativamente, e sempre più profondamente, a loro immagine, la realtà di chi li esprime: si comportano, insomma, come profezie.
Si vede qui in azione, in senso negativo, il nostro potere creatore, al servizio, però, delle forze ostili all’ uomo. Esse sanno che, creando un atmosfera tossica intorno a noi, fatta di brutte notizie, paure, minacce incombenti, stress, molti riceveranno le relative impressioni senza avere la coscienza sveglia, e quindi da tali impressioni non digerite, genereranno pensieri tossici, che poi sono i mattoni con cui costruiranno un inferno, prima di tutto personale, e poi per coloro che gli stanno vicino.
Una mente sulla quale splende la luce della coscienza, non sarà piena di tali pensieri tossici, e non proietterà, quindi, nel futuro tutte le brutture che tali pensieri potrebbero rappresentare. Una vita gioiosa parte da una mente pulita. E questa viene da uno stato di coscienza elevato.
Ma perché ripeto questo concetto ogni volta, quando in fondo è così semplice? Perché un essere con uno stato di presenza discontinuo come abbiamo tutti noi ordinariamente ha bisogno che gli venga ricordato molto spesso quel che gli occorre fare. Ha bisogno di riconoscere la realtà delle cose che sono qui scritte attraverso la propria esperienza in centinaia e migliaia di modi e momenti diversi, finché questi concetti, che qui sono solo parole, diventino in lui, o in lei, una realtà solida e costante, corroborata da talmente tante prove che non ha più motivo di dubitarne.