Ogni vicenda avventurosa che si rispetti inizia con una ¨chiamata all’azione¨, ossia la situazione di bisogno, difficoltà, pericolo, che spinge il protagonista a lanciarsi nella sua impresa. Così siamo fatti, a quanto pare, perciò se siamo già ricchi, belli e con un partner ideale al fianco, in una parola “appagati”, difficilmente ci arruoleremo nella Legione Straniera, o andremo in Africa a fare i volontari: un qualche tipo di spintarella o calcetto sembra purtroppo necessario.
Per me fu una disavventura amorosa, la quale mi gettò in uno stato di sconforto che non voleva più andare via. Mi sentivo semplicemente disperato, senza la mia “metà”, e non passava giorno senza che questo sentimento mi affliggesse.
Dopo alcuni mesi di questa situazione deprimente, venne una sera in cui, in una scuola di teatro, fui guidato a fare un esercizio di rilassamento molto profondo. Eccomi in una condizione nuova, con gli occhi chiusi ma sveglio, con il corpo che quasi non sentivo più, e una curiosa sensazione, che “mancasse qualcosa”. Già, infatti … il mio dolore, dov’era andato? Non ce n’era traccia dentro di me.
Anche se, accortomi della sua assenza, pensavo a questa penosa sensazione, e temevo di richiamarmela addosso, invece essa non tornava a manifestarsi, e rimanevo a galleggiare in uno spazio sereno, dentro al quale ero solo con me stesso, e felice. Per una meravigliosa mezz’ora conobbi la pace nel mezzo del periodo più cupo della mia vita.
Avevo inciampato in qualcosa di somma importanza, che non dovevo lasciarmi scappare. Dunque, attraverso un profondo rilassamento, potevo isolarmi dalla sofferenza psicologica e ritemprarmi.
Era solo un inizio, dal momento che non potevo certo passare la vita ad occhi chiusi e in profondo rilassamento, ma quell’oasi di pace mi aprì uno spiraglio verso la seconda parte della mia vita.
Ora sappiamo che un buon rilassamento è un eccellente anestetico, perché ci scollega dalla parte volubile e scostante di noi stessi, (il “corpo di dolore”, come lo chiama Eckart Tolle, o la “personalità” come la chiama Ouspenski). Col tempo e con l’indagine ho visto però, che per i tormenti come quello che pativo, e che ognuno soffre a modo suo, la cura risiede altrove.
É proprio questa “cura” l’argomento di cui vorremmo parlare in questo blog, con coloro che accettano di essere nostri amici, e condividono con noi questo spazio.