La mente scenda dal piedistallo

C’è una corrente di pensiero, con un filone letterario parallelo, che magnifica i poteri della nostra mente, della sua capacità di creare la realtà, per esempio, o di eseguire grandi prestazioni in fatto di memoria, concentrazione, o di creare opere d’arte.

Accettiamo per un momento il fatto che la realtà che ci circonda venga generata dai pensieri che abbiamo nella mente. Visto, allora, che i contenuti dalla nostra mente sorgono, albergano, e poi se ne vanno in maniera indipendente dalla nostra cosiddetta volontà, che cosa possiamo aspettarci dalla realtà che ne consegue, e nella quale poi dovremo vivere? Naturalmente una rappresentazione esteriorizzata di quella corrente, altrettanto disordinata e caotica come i pensieri che fluiscono dentro di noi. In altre parole, se si considera la realtà attorno a noi una proiezione che noi generiamo, in coro, per così dire, con tutti gli altri esseri senzienti, dovremmo aspettarci, come risultato, un mondo incoerente e tetro, in cui dominano gli istinti bassi, e stragi e guerre si scatenano senza buoni motivi.

A ben vedere, i conti tornano. Ma i sostenitori della magnifica capacità creativa, si rendono conto di che arma a doppio taglio ha in testa ciascuno? Capiscono che una mente creatrice nella testa di un uomo ipnotizzato è un cavallo di Troia che gioca contro l’essere umano?

Supponiamo, adesso, che la mente sia la creatrice delle opere d’arte e scopritrice delle profonde verità della scienza. Dovremo allora ammettere che è la medesima mente a creare le opere nefande o ignobili che tutti i giorni saturano i nostri infelici telegiornali e periodici, o le azioni grigie con le quali vengono riempite le nostre giornate.

Ben pochi ammettono che lasciano alla deriva la propria mente in maniera casuale o la usano in maniera intenzionalmente stupida: in maggioranza siamo convinti che la usiamo “coscientemente”: dovremmo concludere che la mente, usata dall’uomo “al meglio che egli ritiene possibile”, produce in generale risultati del tutto ordinari o decisamente dannosi, ossia che la mente, per come è stata usata nei tempi a noi noti è più un problema che un dono.

Oltretutto, se fosse vero quello che dicono gli adoratori della mente, essi ci dovrebbero offrire una spiegazione ed un metodo per evocare grandi idee e scoperte, e per vincere le proprie brutture e stati d’animo indesiderati, ma non mi risulta che lo abbiano mai fatto.

Ridimensioniamo la cosa

Facciamo scendere invece la mente da questo trono immeritato, dal suo ruolo che, come vediamo, non è poi così fausto, e proviamo a descriverla come una ricetrasmittente da e verso luoghi popolati di pensieri, idee, nostre e altrui, dotata di memorie che essa carica e attiva quando trova una analogia qualsiasi. E con la possibilità, normalmente non usata nello stato di sonno in cui versiamo, di fare da ponte da e verso parti più elevate del nostro essere.

Fatta questa ipotesi, per cominciare capiamo come la maggioranza dei contenuti siano banali o dannosi: sono quelli quelli massificati, che provengono dall’atmosfera che ci circonda, carica di pensieri collettivi (troppe tasse, quegli immigrati sono gentaglia, non ci sono più le mezze stagioni, il governo di qui, l’attore di là), e quelli ripetitivi, evocati in maniera meccanica dagli stimoli esterni, che così bene vedono i comici quando fanno le caricature delle persone, i quali ripetono all’infinito frasi e parole come se non sapessero che ce le avranno dette centinaia di volte.

Rimane l’uno percento, però, da spiegare: il colpo di genio, la scoperta brillante, la frase creativa ed inattesa, l’osservazione penetrante. Non occorre, però nemmeno qui andare lontano: questi exploit che ci fanno per un istante brillare come stelle, provengono da uno stato di coscienza più elevato, il ricordo di sé o qualcosa di più alto ancora, che ci collegano ai luoghi dove la bellezza e la meraviglia sono di casa. Il contenuto di tali meravigliosi contatti può passare, poi, attraverso la mente, la quale aiuta ad esprimerli in parole, naturalmente. È però vietato attribuirle il merito di questo: fare confusione in questo campo è come scambiare il cantante di una canzone con il suo compositore, o il postino che la consegna con chi ci ha davvero scritto la lettera.